Seguendo il percorso iniziato nel precedente articolo, in questa sede analizzeremo i vantaggi e gli svantaggi nella scelta (o nella non scelta) della tipologia di esercizio dell’attività professionale.

Come detto, la maggior parte dei professionisti svolge la propria attività in forma individuale che ovviamente garantisce determinati vantaggi (come semplicemente il sentirsi a tutti gli effetti un libero professionista), seppur portando con sé non tanto degli svantaggi, ma più che altro una perdita di possibilità. Di base, gli svantaggi di una scelta sembrano essere i vantaggi dell’altra; pertanto, di seguito indicheremo alcuni dei benefici che portano le aggregazioni di professionisti e i relativi discapiti.

I vantaggi:

  1. Sul piano operativo, si creano sinergie potenti tra le attività dei singoli associati che, a parità di mezzi impiegati, generano maggiori profitti (soprattutto per effetto del cross-selling interno dello studio e dei risparmi sui costi di gestione);
  2. All’interno di una realtà aggregativa è possibile ritagliarsi profili di carriera e di funzioni più confacenti alle proprie aspettative e capacità, con possibilità di delegare, inoltre, ad una sola figura il ruolo di Manager dello studio. Dunque, all’interno di una struttura aggregata, tipicamente avremo chi si dedica prevalentemente ad una specifica branca specialistica (operazioni straordinarie, fiscalità, fallimento, ecc.), chi ad un’altra, chi a compiti di governo (per esempio management, marketing, ecc.);
  3. Oltre ad una maggiore soddisfazione personale, questa ripartizione dei ruoli secondo competenza genera maggiori e migliori economie in relazione alla conseguente maggiore qualità delle singole prestazioni;
  4. Gli individui che costituiscono la realtà aggregata beneficiano dei rapporti relazionali e di scambio all’interno dello studio anche mediante ricorso al consulto reciproco o alla collaborazione su tematiche comuni.

Gli svantaggi:

  1. Il professionista che entra a far parte di una realtà aggregata perde irrimediabilmente il potere assoluto che caratterizza lo studio monocratico tradizionale;
  2. Nell’ambito delle varie tipologie di aggregazioni vi sono grandi limitazioni alla privacy individuale. Gli associati devono sapere che molta parte della loro vita professionale e personale (compresi i relativi insuccessi) saranno conosciuti anche dagli altri, perché lo spazio e il tempo all’interno dello studio diventano elementi di condivisione;
  3. Una realtà aggregativa, pur consentendo molte delle dinamiche associative più premianti, sconta il grande limite di non essere una società di capitali tipica; quindi, non si può giovare dei numerosi benefici fiscali, finanziari, associativi, sindacali di cui le società godono (a meno che non si opti per la creazione di una Stp sotto forma di società di capitali).

È utile evidenziare che, diversamente dallo Studio Associato (o Associazione professionale), la Società tra professionisti (Stp) deve essere costituita secondo i modelli societari del Codice civile:

  • Società semplice;
  • Società in nome collettivo o in accomandita semplice;
  • S.r.l., S.p.A. o S.a.p.A.;
  • Cooperative costituite da almeno 3 soci persone fisiche:

con tutti i conseguenti adempimenti tipici previsti da queste tipologie societarie. La scelta di operare tramite una Stp, pertanto, in alcuni casi non permette il raggiungimento di alcuni dei vantaggi che può avere, diversamente, lo Studio Associato di seguito elencati:

  1. Nello Studio Associato non è obbligatoria la nomina di organi amministrativi o di controllo che rimane una opzione facoltativa, anche se diventa praticamente necessaria negli studi di dimensioni maggiori;
  2. Lo Studio Associato non ha bisogno, come le S.r.l. e le S.p.A., di dotazioni patrimoniali minime, sia in sede di costituzione sia durante la loro esistenza; quindi, possono essere costituite anche senza il deposito di un capitale iniziale;
  3. L’ingresso e l’uscita dei soci sono eventi privi di formalismi così come non vi sono formalità per le eventuali elezioni di cariche interne, ovviamente se non stabilito diversamente nel contratto sociale;
  4. Non vi sono limiti alla distribuzione infra-annuale di acconti di utili; pertanto, la distribuzione del denaro tra i soci non deve attendere i bilanci fine anno o altri formalismi particolari per essere effettuata, se non quelli stabiliti liberamente dagli associati;
  5. Non vi sono obblighi di redazione di bilanci né di un loro deposito al Registro imprese, consentendo dunque agli associati di mantenere riservate le informazioni sui ricavi e utili distribuiti.

Così, nella Stp si avrà una minore flessibilità della struttura, ma contestualmente, si garantisce una maggior governabilità e controllo della stessa.

Di un discorso a parte necessita lo Studio condiviso (anche nella forma di “Società di mezzi”); infatti, rappresenta il primordio delle altre realtà aggregative che mirano non semplicemente a una razionalizzazione degli spazi e a un risparmio dei costi di gestione. Obiettivi che, invece, si pone lo Studio condiviso, in cui più professionisti, a volte anche con background e competenze completamente diverse, utilizzano in comune uno spazio lavorativo. Tale modalità di lavoro può creare sinergie tra professionisti diversi (ad esempio avvocato e commercialista), ma la frequenza di questi eventi può risultare comunque limitata e parziale. Come sopra esposto, il vantaggio principale – e forse l’unico – consiste nel contenimento dei costi di gestione (affitto, materiale di consumo, utenze, ecc.). 

Lo studio professionale individuale sembra essere destinato a scomparire di fronte alla continua occorrenza di informazione, aggiornamento, conoscenza e specializzazione necessarie per essere competitivi, o per poter anche solo sopravvivere nel contesto economico attuale.

Per rispondere a tali esigenze del mercato, l’unica soluzione possibile sembra essere la cooperazione intellettuale.

Ovviamente si potrebbe anche pensare a mantenere l’individualità dell’attività e ricorrere a professionisti esterni per compensare una eventuale carenza di specializzazione, ma si perderebbe la visione d’insieme permessa dall’aggregazione professionale e portando anche costi maggiori.

Pertanto, sono solo le varie ipotesi aggregative che possono consentire di avere a disposizione professionisti più specializzati in grado di rispondere in maniera efficace ed efficiente alle esigenze dello studio. 

In conclusione, la partecipazione a una associazione, in ogni sua possibile declinazione, richiede le qualità umane necessarie alla ricerca del consenso e alla accettazione del compromesso sulle questioni strategiche e gestionali dello studio. Chi è privo di queste qualità non può in alcun modo prendervi parte: spesso il professionista non è abituato al confronto democratico essendo l’autorità assoluta la sua maggior forza ma anche il suo più grande limite nella ricerca del successo.

Così, l’individuo deve permettersi di evolversi in contesti nuovi, a volte rischiosi, ma sicuramente soddisfacenti.